martedì 14 agosto 2012

TOUR DI AREZZO

Ammetto che la Toscana negli ultimi anni è diventata un pò la mia fissazione, ma che dire? Il territorio toscano è meraviglioso in tutti i suoi aspetti: dal mare alla campagna con i colori della sua natura, dalle bellezze artistiche che arricchiscono le città... alle specialità gastronomiche che non sono da meno!
Quest'anno, dopo essere stata ad Orbetello mi sono recata qualche giorno ad Arezzo.
Di dimensioni minori rispetto ad altri famosi centri toscani, la città di Arezzo non ha comunque nulla da invidiare in quanto a bellezze storico artistiche. Queste ultime sono racchiuse in un'area abbastanza ristretta, motivo per cui è possibile visitarle in pochi giorni percorrendo a piedi le brevi distanze.

Percorrendo Corso Italia a partire dall'incrocio con via Roma/ via Francesco Crispi, la prima Chiesa che si incontra, in cui consiglio una sosta, è la Chiesa di San Michele, che si affaccia sull'omonima piazza. Essenziale nella struttura interna, di origine romanica e ricostruzione gotica, mi ha colpito proprio per l'atmosfera di raccoglimento che vi si respira. La facciata goticheggiante è invece opera moderna di Giuseppe Castellucci (1931). Attualmente la chiesa è in restauro ma è comunque possibile visitarla.

Proseguendo lungo Corso Italia, si incontra sulla destra la Chiesa di Santa Maria della Pieve, dell'XI secolo ma caratterizzata da vari rifacimenti e aggiunte successive.
La facciata anteriore è costituita, nell'ordine inferiore, da cinque arcate cieche, a cui si sovrappongono poi tre ordini di logge con colonnine variamente decorate.
Il portale centrale è incassato all'interno di un atrio con arco a botte; nella lunetta sul portale è scolpita la Madonna orante affiancata da due angeli, mentre nella botte sono scolpite suggestive e ben conservate rappresentazioni dei mesi.
Molto particolare anche l'imponente campanile aggiunto nel XIV secolo.
All'interno, infine, è possibile ammirare il tabernacolo rialzato con la pala d'altare su cui è raffigurato il polittico di Pietro Lorenzetti "Madonna e Santi".

Costeggiando la facciata destra della Chiesa e percorrendo la stretta via di Seteria, si esce su Piazza Grande, la piazza dove ogni anno a Giugno e a Settembre si svolge la Giostra del Saracino.
Sulla Piazza si affaccia anche il Palazzo della Fraternita dei Laici: l'istituzione, nata intorno al XIII secolo con scopo assistenziale e per la gestione indiretta degli ospedali, assunse poi un legame molto stretto con la città attraverso importanti finanziamenti di numerose opere pubbliche e artistiche. Durante la visita guidata al Palazzo della Fraternita si sale in cima per osservare il meccanismo dell'orologio che si trova nella vela campanaria disegnata da Giorgio Vasari; terminato nel XVI secolo dal mastro orologiaio Felice da Fossato, l'orologio ancora oggi mantiene la funzionalità dei suoi complessi meccanismi che necessitano di una ricarica giornaliera manuale.

Tornando su Corso Italia e continuando a salire, si arriva alla piazza su cui si affaccia la stupenda Cattedrale dei Santi Pietro e Donato, costruita a partire dal XIII secolo per volere di Papa Innocenzo III, il quale ordinò di trasferire all'interno delle mura cittadine l'antica cattedrale posta sul Colle del Pionta.
L'attuale parete esterna è in blocchi di arenaria, che conferiscono un'originale luce alla struttura esterna, bellissima se ammirata in pieno giorno mentre è sovrastata da un sole accecante, molto suggestiva se ammirata di sera. 
All'interno, risalta maggiormente lo slancio in verticale conferito alla chiesa dall'architettura gotica, slancio cui contribuiscono anche le meravigliose vetrate realizzate dall'artista francese Guillame Marcillat tra il 1516 e il 1524. Si respira un'atmosfera pregna di sacro.
Ma indubbiamente l'opera che più di tutte lascia senza parole è la Cappella della Madonna del Conforto, iniziata nel 1796 successivamente al miracolo al quale è legata l'immagine che vi è conservata. La cappella, alla cui realizzazione contribuì in particolare il vescovo Agostino Albergotti, è un vero trionfo di ricchezze artistiche, pittoriche e scultoree, così come orafe; ulteriormente adornata dai colori dei fiori e delle candele che la illuminano, vuole essere un inno  di devozione alla Madonna, ed è un luogo che sembra davvero catturare l'anima del fedele e spalancarla alla preghiera.

Da Piazza del Duomo, scendendo per Via Cesalpino, altra visita assolutamente da non perdere è la Basilica di San Francesco, con i magnifici dipinti di Piero della Francesca raffiguranti la Leggenda della Vera Croce (1453 - 1464), realizzati ispirandosi alla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (1200).

Infine, usciti dalla basilica, proseguendo verso sinistra sulla via su cui la chiesa si affaccia (via Cavour), si può essere estasiati da alcuni capolavori del Vasari nella Chiesa delle SS. Flora e Lucilla in Badia.
Innanzitutto l'Assunzione e Incoronazione della Vergine (1511 - 1574), la cosidetta Pala Albergotti, destinata alle suore di San Vincenzo a Prato ma poi acquistata dal giurista aretino Nerozzo Albergotti per la cappella di famiglia nella Pieve di Santa Maria ad Arezzo. Nel 1865 l'opera fu trasferita in Badia, in occasione del radicale restauro della Pieve, ed è poi rimasta qui.
Lo stesso trasferimento "subito" dall'altare sarcofago eretto dal Vasari nel 1569 come monumento funebre per la propria famiglia, altare che, come la Pala, si può ancora contemplare nella Badia.

Altri luoghi di cui consiglio la visita: il Museo Nazionale d'Arte Medievale e Moderna, la Casa Vasari e la Chiesa di San Domenico, con un bellissimo crocifisso di Cimabue.







domenica 29 luglio 2012

PODERE DEL PRIORATO




E’ il mare infiammato intensamente dai raggi del sole nelle giornate d'estate, mentre le sue acque gareggiano con la floridezza dei boschi che iniziano a dominare non molto lontano dalla riva. Questa è la meravigliosa creatura a cui la Natura ha dato vita sulla Costa dell’Argentario.
Anziché tra la vita mondana di Porto Santo Stefano e Porto Ercole, ho preferito ammirare questo spettacolo recandomi sulle fortezze costruite nei secoli a protezione di un territorio considerato “militarmente” strategico; poi sono salita ancora, per arrivare sulla Punta Telegrafo, la vetta più alta del promontorio. Già mentre percorrevo la strada per arrivarvi, dolcemente mi allontanavo dal caos del paese sottostante, e mentre il silenzio mi avvolgeva potevo godere del paesaggio circostante nei suoi colori spennellati in molteplici e mutevoli sfumature.
Anche il posto in cui ho alloggiato mi ha concesso la possibilità di rivivere una realtà dimenticata da chi, come me, è abituato alla confusione della città. Si è in una zona detta "Strada del Priorato”: frazione di Albinia, nel comune di Orbetello, raggiungibile con l’Aurelia. Appena usciti dalla consolare, ci si ritrova piacevolmente smarriti nell’essere i soli, per diversi minuti, a percorrere in auto una strada sterrata, mentre lo sguardo inizia a spaziare tra campi di girasoli e terreni coltivati ad olivo e ancora filari di alti cipressi, e ancora più in là colline dalle linee verdi che sembrano poi sfumare delicatamente nell’azzurro del cielo.
Nell'ambito di tale splendida cornice, l'agriturismo "Il Podere del Priorato" accoglie in una struttura caratterizzata dalla finezza di un'eleganza lineare, essenziale, quasi discreta, quieta come il paesaggio che la circonda. Dalle stanze si può saziare la vista della scena del giardino perfettamente curato, arricchito dalla luminosità dei fiori così come dall’argenteo verde che riveste gli olivi. Anche all’interno tutto è caratterizzato da quell’attenzione al dettaglio che permette di vivere appieno quest’atmosfera quasi surreale: le camere sono luminose, arredate con i colori neutri di mobili high tech, dotate di ampi e comodi letti, e qualificate maggiormente dall’utilizzo di soluzioni ecosostenibili per l’approvvigionamento di acqua e riscaldamento o aria condizionata.
Ma quel qualcosa in più che rende davvero gradevole la permanenza ne "Il Podere del Priorato" è la capacità, da parte delle persone che lo gestiscono, di accostarsi al cliente con una spontaneità che sa andare oltre la pura gentilezza formale, pur senza mai cadere nell'invadenza; è la freschezza e la genuinità di un sorriso che rende l’atmosfera più familiare e che rende semplicemente naturale il fermarsi a chiacchierare.
Per ultimo, non posso non citare una colazione che vi farà realizzare appena alzati che...sì, la dieta può decisamente attendere! Un'incredibile tavolata di torte cucinate in casa, biscotti, frutta, succhi, e salumi, in aggiunta a caffè e latte serviti: una colazione che prima rapisce lo sguardo, e poi attende di essere gustata nello spazio allestito in giardino, mentre si inizia la giornata ammirando nella sua pienezza la campagna toscana che si sveglia.










giovedì 19 luglio 2012

DA OTTAVIO


Si tratta di un ristorantino in pieno centro romano, in Corso Rinascimento, proprio dietro Piazza Navona.
Da alcuni indizi ho intuito che forse ha cambiato gestione da poco, ma non ne sono sicura al 100%.
Comunque sia, io vi sono andata in compagnia la scorsa settimana per la prima volta, e devo dire che mi sono trovata veramente bene.
Il locale, di medie dimensioni, è un mix di richiami alla tradizione popolare e ambiente soft/chic.
Infatti le pareti sono valorizzate dai colori dei dipinti raffiguranti le maschere della Commedia dell'Arte e da tralci d'uva che si arrampicano, così come dal soffitto sono calate trecce di aglio. Anche la tavola è apparecchiata con le tovaglie di carta della classica trattoria romana.
Dall'altra, come detto sopra, non manca il tocco di eleganza, che non contrasta con l'arredamento sopra descritto ma anzi vi è "ben amalgamato": in particolare, su un lato vi è un grande specchio a parete, con una bellissima cornice in legno, colore oro e intarsiata (forse in stile barocco? non saprei, non me ne intendo molto!), il vetro antichizzato e illuminato da lanterne di rame.
Anche il servizio è impeccabile, veloce, discreto ma molto cortese. Noi abbiamo provato il menu a base di pesce!
Per cominciare abbiamo apprezzato un tris di antipasti composto da insalata di polpo e patate lesse, insalata di mare e sauté di cozze e vongole...una vera delizia di pesce freschissimo!
E questo era solo l'inizio! Poi siamo passati ai "piatti forti"...yummmm! 
Per primo abbiamo gustato il risotto alla pescatora e gli scialatielli con frutti di mare e pachino. Gli scialatielli sono un tipo di pasta all'uovo di formato lungo, tipici della Campania e in particolare della costiera amalfitana, dove sono nati alla fine degli anni '60 per mano dello chef Enrico Cosentino. Entrambi i piatti, serviti in una forma di carta stagnola realizzata con le sembianze di un cigno, erano ben conditi (forse anche un pò troppo oleosi!), saporiti e cotti al punto giusto. Nell'insieme creavano un accostamento di colori caldi e luminosi, in particolare grazie al rosso dorato dei dolci pachino.
Per secondo, entrambi ci siamo lasciati tentare dalla frittura di paranza, con piccoli merluzzi e calamari...molto tenera anche questa, fragrante e non troppo grassa. 
Infine, anche il contorno...che non è stato da meno (patate e cicoria ripassata in padella con un pò di peperoncino, quest'ultimo per i nostri gusti un pochino troppo...) per il quale, come capirete, è stato ben complicato trovare uno spazietto! 

ANDIAMO A LUCCA!


La visita della città di Lucca è stata una vera sorpresa!

La ricchezza del suo passato storico e artistico è racchiusa e custodita tra le strette vie costeggiate da palazzi medievali, e poi improvvisamente stupisce il visitatore che arriva nelle piazze su cui si affacciano alcuni dei principali monumenti.
I tre maggiori edifici di culto di Lucca, chiamata non a caso "la città delle cento chiese", sono il Duomo, la Chiesa di San Michele in Foro, e quella di San Frediano: tutte e tre molto antiche, si presentano al pubblico mostrando i numerosi cambiamenti che le hanno "segnate" nel trascorrere dei secoli, in un intreccio di arte romanica e gotica, e con gli interni ricchi di pregevoli affreschi.
Il Duomo è intitolato a San Martino di Tours, famoso per l'episodio miracoloso secondo il quale Cristo riconoscente gli sarebbe apparso in sogno dopo che Martino aveva diviso a metà con un mendicante seminudo il proprio mantello.
Nella navata sinistra della Chiesa è possibile ammirare l'antico crocifisso ligneo conosciuto come il Volto Santo: secondo la leggenda venne scolpito da Nicodemo, guidato dalla grazia divina, per tramandare le sembianze di Cristo; nascosto fino all'VIII secolo, il crocifisso venne ritrovato dal vescovo Gualfredo grazie ad un sogno rivelatore, e, messo su una barca, navigò senza equipaggio per molto tempo finché si lasciò avvicinare dal vescovo di Lucca Giovanni I nel 782. In realtà gli studiosi collocano la sua realizzazione non nel I sec, ma intorno al XII, in epoca romanica. Comunque sia, l'opera è divenuta in breve tempo oggetto di una forte venerazione, tanto da divenire uno dei simboli della città.
La facciata del Duomo, a cui si richiama anche quella della Chiesa di San Michele, è composta da un ampio portico a tre arcate, sovrastato da tre ordini di loggette dalle incrostazioni policrome sostenute da colonnine variamente intarsiate e decorate.
Non meno preziosa la facciata della Chiesa di San Frediano, con il bellissimo mosaico di probabile stile bizantino, raffigurante l'ascensione di Cristo Redentore. Il mosaico, a fondo oro, è maggiormente valorizzato dal contrasto con il resto della parete, in calcare bianco.



Oltre alle chiese, a rendere omaggio al passato medievale di Lucca spiccano alte tra le vie le due torri.
Quella "di Guinigi", appartenuta all'importante famiglia da cui prende il nome, è divenuta un altro dei simboli della città. Sulla cima vi è un piccolo giardino pensile, nel quale sono stati piantati alcuni lecci: non si sa a quando risalga la realizzazione di tale giardino, ma si suppone sia molto antica. 
L'altra torre, detta "delle Ore" per l'orologio collocato su una delle pareti, è la più alta della città.
Da entrambe è possibile godere di un bellissimo panorama di Lucca a 360 gradi.






Dopotutto, però, al di là delle bellezze che la arricchiscono, ciò che mi ha maggiormente colpito di Lucca è la sua lontananza dai fasti del "turismo di massa": è una città autentica, che sa accogliere il visitatore nella propria quotidianità, preservata dalle alterazioni di pesanti maschere. Ed è così che ho imparato ad amarla.
E a proposito di accoglienza, non si può non parlare della cinta muraria che circonda la città e che dà il benvenuto al turista. Risale al XVI - XVII  secolo (è la quarta in ordine cronologico costruita a difesa di Lucca), e la sua funzione è stata nel 1800 convertita da difensiva a civile. Infatti sull'intera struttura, è stata realizzata (magnifica idea!) una lunga passeggiata, che racchiude la città in un'oasi di pace e di verde, e che unisce all'aspetto ludico ricreativo del parco quello culturale di un forte retroscena storico. Così, se durante il giorno ci si può riparare dal caldo sotto una folta alberatura, nelle ore serali le mura, illuminate, sono avvolte in una suggestiva atmosfera.
Non solo, all'interno del parco è possibile visitare un bellissimo Orto Botanico. Istituito nel 1820 per volontà di Maria Luisa di Borbone, e quindi facente parte integrante anche questo della storia e della cultura della città, è stato arricchito da allora grazie all'opera fervente dei suoi curatori e ai numerosi scambi con altri Orti italiani ed esteri.
Per quanto riguarda un possibile posto dove alloggiare, voglio consigliare un posticino molto carino per un tranquillo soggiorno: si tratta del bed and breakfast La Corte dei Folletti (
http://www.cortedeifolletti.it), fuori dalle mura della città. L'ambiente ha un che di magico, grazie ai soffitti in travi, il pavimento in cotto toscano e le suppellettili in ferro battuto; mentre alle pareti le immagini affrescate di simpatici folletti e fate danno quel tocco in più che caratterizza la struttura. Inoltre con le belle giornate c'è la possibilità di fare la colazione in un delizioso giardinetto ricco di fiori e con tanto di laghetto e piccola cascata, il cui dolce movimento dell'acqua vi cullerà anche di notte!
Infine, vorrei consigliare alcuni siti da consultare al riguardo:

ALLORA  BUON DIVERTIMENTO E BUONA VISITA!


lunedì 18 giugno 2012

MUSEO NAZIONALE DI ARTI E TRADIZIONI POPOLARI

C'è un museo a Roma che ho trovato praticamente deserto ogni volta che vi sono stata, sebbene abbia sede in una piazza ben nota e trafficata come Piazza Marconi, nel quartiere EUR, e sia ubicato in un edificio imponente di ben 7000 mq di superficie: motivo per cui inizio a domandarmi quanto sia conosciuto. 
E' il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari.
Il fascino di questo museo è racchiuso sia nella sua lunga storia, simbolo anche della complessa evoluzione del concetto di tradizione popolare nel trascorrere del tempo; sia, appunto, nella particolarità di ciò che vi è esposto: non, semplicemente, oggetti, materiali, ma l'eredità che c'è stata tramandata dai secoli scorsi. Per questo si respira un'aria molto particolare, che ha quasi del sacro, e che mi porta, ogni volta che varco l'entrata, a voler camminare quasi in punta di piedi.


LA FONDAZIONE DEL MUSEO


L'idea iniziale della fondazione di un Museo che raccogliesse, catalogasse e tutelasse oggetti della vita popolare, era già stata avvertita dalla metà del XIX secolo, prima in Europa, e poi in Italia con Luigi Pigorini. Quest'ultimo, già  direttore del Regio Museo Preistorico Etnografico situato nella sede del Collegio Romano, 
aveva espresso la necessità di allestire una nuova sezione del Museo che avrebbe dovuto “comprendere ciò
che hanno tuttora di speciale le nostre popolazioni campagnole nelle industrie, negli utensili ed ornamenti,
nelle fogge degli abiti", ma la sua richiesta non venne accolta. 
La svolta avvenne nel 1906, quando l'etnologo Lamberto Loria aprì a Firenze un Museo di Etnografia che comprendeva anche una larga parte di oggetti popolari: la collezione fu ritenuta così interessante che Ferdinando Martini, vicepresidente del Comitato per l'Esposizione Internazionale che si sarebbe tenuta nel 1911 a Roma, Firenze e Torino, chiese a Loria di trasformare il museo in una mostra da allestire per il grande evento. A Roma i festeggiamenti si basarono, appunto, in particolar modo sulla Mostra Etnografica e sulla Mostra Regionale: "Asse portante dell’intera esposizione era una sorta di viaggio attraverso l’Italia realizzato attraverso quattordici padiglioni regionali, edifici che riproducevano gli elementi dei modelli classici di maggiore bellezza della regione di rappresentanza, circondati da una quarantina di “gruppi etnografici”, veri e  propri quadri viventi, dove ad esempio Napoli era stata ricostruita attraverso uno spaccato del vecchio quartiere di Santa Lucia e la Sardegna attraverso i nuraghi e le case del Campidano".
La mostra, nelle intenzioni di Loria, sarebbe sfociata nella realizzazione del nuovo museo etnografico. 
Tuttavia una serie di eventi, tra cui la morte dello stesso etnologo nel 1913, e le due guerre mondiali, ne impedirono l'inaugurazione nell'attuale sede fino al 20 aprile del 1956: "L’esposizione, che occupava il primo piano dell’edificio, situato nel monumentale palazzo dell’allora Piazza Italia, si prefiggeva di illustrare sinteticamente in dieci sezioni gli usi, i costumi, le credenze, le manifestazioni e gli aspetti più significativi e caratteristici delle tradizioni popolari italiane".


LA STRUTTURA DEL MUSEO


All'interno del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari la storia dei nostri antenati è scritta dietro le numerose teche, e si riesce quasi ad immaginare di rivivere nella metà - fine del XIX /inizio XX secolo. 

La struttura è suddivisa in tre sezioni: 


  • La terra e le risorse, che espone gli strumenti del lavoro agricolo, pastorale e artigianale: dai vari sistemi di trasporto, agli strumenti per coltivare come l'aratro, agli oggetti in legno artigianale.
  • Vivere e abitare: con gli oggetti legati alle varie fasi della vita, dall'infanzia (per esempio con culle e giocattoli) al fidanzamento e al matrimonio (con i bellissimi corredi conservati in cassoni nuziali intagliati), fino ai riti legati al momento della morte.
  • Riti, feste e cerimonie: è la parte che preferisco, con i vestiti tradizionali delle feste sacre e profane, con le suddette macchine processionali, con gli strumenti musicali o gli oggetti sonori come i campanacci degli animali (legati anche essi, almeno in parte, a credenze rituali), con i modelli dei pupi siciliani e romani (di questi ultimi il museo custodisce una rara collezione) per gli spettacoli teatrali:
Teatro di figura: soldato saraceno

Mentre si visita il museo, ogni spazio espositivo offre la possibilità di respirare il passato del nostro Paese, ed è a dir poco stupefacente girare le varie sale e avvicinarsi ad osservare gli oggetti di un tempo, dagli strumenti per il lavoro, ai suppellettili e agli utensili della vita quotidiana, fino ai costumi, ai carri, alle marionette utilizzati durante le feste e gli spettacoli, ai giocattoli dei bambini, o ancora alle insegne utilizzate dai vari negozi e dalle varie botteghe. 
Da non perdere gli stupendi modelli delle macchine processionali delle varie feste tradizionali italiane: dalla famosa Macchina di S. Rosa (la cui festa si celebra a Viterbo il 3 settembre) ai Gigli di Nola (21 e 22 giugno) o ai ceri di Gubbio (15 maggio), e molte altre




Modello del Cereo di Sant'Agata


Modello della Macchina di Santa Rosa




Modello dei Gigli di Nola






Indubbiamente, girare per le sale non è solo sicuramente istruttivo, ma anche divertente! Ad esempio si ha la possibilità di vedere quali erano le insegne delle varie botteghe artigiane o gli oggetti delle credenze superstiziose...

Da vedere c'è veramente molto, anche perchè dal 2008 le competenze di valorizzazione del Museo sono state assorbite dall'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia, la cui missione è 
finalizzata alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, e alla promozione di iniziative volte a tutelare i settori fortemente legati all’identità collettiva e al senso di appartenenza dei vari gruppi sociali presenti sul territorio.














Per ogni ulteriore informazione e curiosità, il sito ufficiale è il seguente: http://www.popolari.arti.beniculturali.it/

mercoledì 13 giugno 2012

LE MERAVIGLIE DI PALAZZO FARNESE A CAPRAROLA

Il trionfo di colori e la ricchezza decorativa del Palazzo di Caprarola lasciano con lo stupore negli occhi e il naso all'insù per tutto il tempo della visita.



L'attuale Palazzo è stato realizzato nel XVI secolo dal Vignola su committenza del cardinale Alessandro Farnese, nipote dell'altro cardinale omonimo, che ne aveva precedentemente iniziato i lavori finché nel 1534  divenne papa con il nome di Paolo III. 
La struttura voluta da Alessandro Farnese il Vecchio era una rocca fortificata, il cui progetto, affidato ad Antonio da Sangallo il Giovane, si basava su una forma pentagonale. Il Vignola seppe poi armonizzare le linee dell'architettura creando un palazzo sontuoso e magnificente, tanto da divenire uno dei simboli del manierismo cinquecentesco. 
Come si vede nell'immagine sopra, si accede all'edificio, composto da cinque piani, attraverso due rampe di scale, prima divergenti e poi convergenti verso il portone d'entrata. 
La visita è dall'inizio alla fine una continua sorpresa, e ogni soglia varcata porta a comprendere la superba maestria degli artisti chiamati a contribuire alla celebrazione della Famiglia Farnese.
Già all'altezza del Piano Rialzato è possibile ammirare lo stupendo cortile interno, progettato anch'esso dal Vignola, circolare e composto da due porticati, le cui volte affrescate da Antonio Tempesta preannunciano le bellezze che accoglieranno il visitatore all'interno.



Porta al piano superiore una stupenda ed ampia scala elicoidale, chiamata non a caso "Scala Regia", sostenuta da ben trenta colonne doriche. Man mano che si sale si percepisce tutta la magnificenza del luogo, in un crescendo di ammirazione che non abbandona lo sguardo nemmeno per un attimo. 


Si giunge così al cosiddetto Piano Nobile: e qui ogni parete, persino ogni angolo delle numerose stanze cui si accede, lasciano senza fiato, per le magnificenze dei colori e per l'attenzione ad ogni particolare delle immagini. Nulla è lasciato al caso per celebrare la grandezza della Famiglia Farnese, in un trionfo di quella decorazione a grottesca che si diffonde nel Rinascimento con i numerosi ritrovamenti archeologici, e che si ispira a temi dell'antichità classica.


Per ogni informazione sugli orari e i costi di questa stupenda dimora, si possono consultare i siti  http://www.caprarola.org/ e http://www.caprarola.com/